Venerdì per “Serestate”, gli inglesi Morcheeba hanno regalato una performance live di buon livello, breve ma piacevole, davanti ad un pubblico abbastanza numeroso e partecipe.
Il cielo scurissimo e carico di pioggia è stato clemente, ma ha sicuramente scoraggiato un’affluenza più ampia.
La meritavano i Morcheeba, perché hanno dimostrato di essere ancora in discreta forma, dopo 15 anni di carriera, passati a macinare pop, soul, trip-hop, elettronica.
La band britannica, guidata dai fratelli Godfrey (Paul: beats, arrangiamenti, basi e DJ. Ross: chitarra) e dalla splendida cantante Skye Edwards (ritornata in formazione, dopo una breve carriera solista), ha proposto un paio di brani dal nuovo album, «Blood Like Lemonade», e diversi classici dai lavori precedenti: «Who Can You Trust?» (1996), «Big Calm» (1998), «Fragments of Freedom» (2000) e «Charango» (2002).
Sul palco anche Steve Gordon al basso, Andy Nunn alle tastiere e Andy Robertson alla batteria.
La frontwoman Skye Edwards ha retto il peso dello show ed illuminato la scena, con il suo talento, la sua classe e il suo sorriso. È stata brava a coinvolgere il pubblico, cercando un contatto in ogni momento: ha persino riconosciuto tra la folla “un’amica di Facebook”!
E poi giocandosi il cliché dell’Italia/La Terra di Pavarotti, ha fatto cantare i presenti («Beat Of The Drum»); mostrando le sue nuove scarpe italiane ha invitato tutti a saltare («Be Yourself»); ha chiesto di rallentare su «Slowdown»; ha infiammato gli animi con la hit «Rome Wasn’t Built In A Day» (eseguita durante i bis).
Il tiro rilassato e divertito della band (Ross Godfrey si è concesso pure qualche sorso di vino, mentre imbastiva con gli altri ragazzi un suono morbido, caldo e sensuale) e la voce piena di Soul della Edwards hanno conquistato piazza Unità, nonostante i volumi dell’impianto fossero piuttosto bassi.
Tra i successi del passato, in scaletta, meritano di essere segnalati «Otherwise», «Trigger Hippie» e «The Sea». Tra le canzoni nuove invece, l’ultimo singolo «Even Though» e la title-track «Blood Like Lemonade».
«I versi sui “pericoli nascosti” e sull’essere “lasciati alla deriva nello spazio” di “Even Though” riflettono preoccupazioni sull’umanità – spiegano i Morcheeba -. Sono stati ispirati dalla lettura di alcune interviste con degli astronauti che sono andati nello spazio e tornati sulla terra, e non riescono a comprendere perché l’uomo combatte ancora con i suoi simili, e perché distrugge il suo pianeta, che sembrava così bello visto a distanza. Il suono del respiro, è quello di un astronauta attraverso il suo casco. ”Blood Like Lemonade” parla di un ex-prete vampiro cacciatore, che va in giro a cercare vendetta sui cattivi e i banditi: beve il loro sangue come se fosse limonata. Il fatto che sia diventato il titolo dell’album è una cosa bizzarra. Ma i vampiri sono piuttosto di moda in questi giorni, in tutti questi film dalle colonne sonore troppo rumorose, in cui gli attori si limitano a sussurrare le sceneggiature».
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