I Subsonica ripartono da Pordenone: tutto esaurito per il concerto di questa sera al Palasport Forum, previsto alle 21.
Il gruppo di Torino ha scelto la nostra regione per la prima tappa del nuovo tour, che promuove «Eden», pubblicato l’8 marzo, subito balzato al secondo posto nella classifica degli album più venduti in Italia e nella Top Five dei download su iTunes.
Un lavoro discografico - per definizione degli stessi Subsonica - «multicolor, più luminoso del precedente, che abbina forti intensità emotive ad ironie visionarie talvolta giocose, in alternanza di stati d’animo». La band ha anche puntualizzato: «Come sempre siamo sintonizzati tanto sui canali internazionali della musica indipendente, quanto sulle lunghezze d’onda della musica da club».
Samuel (voce), Max (chitarra), Boosta (tastiere), Vicio (basso) e Ninja (batteria), considerando il sold out di Pordenone, hanno già annunciato una seconda data (estiva) in zona: sabato 6 agosto al Festival di Majano (Udine).
Che rapporto avete con il Friuli Venezia Giulia?«Siamo molto legati alla vostra regione e soprattutto a Pordenone – risponde Samuel -, perché è stata una delle prime località italiane che ha sposato i Subsonica, che ha deciso di appassionarsi alla nostra musica. E poi abbiamo un nuovo management proprio di Pordenone, di cui fa parte anche Ado Scaini, protagonista del Great Complotto e cantante punk nei Tampax, tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ‘80».
Dopo 15 anni di carriera e 6 album in studio, continuate ad essere uno dei gruppi più amati nel nostro Paese. «Eden» decreta la vostra classicità.«Quando il tuo suono entra a far parte del “classico” vuol dire che hai fatto in qualche modo una sorta di scuola, quindi siamo contenti di questo, ci lusinga. È stato il frutto di un lungo cammino. Ci siamo sempre ripromessi di fare la musica che volevamo nella maniera più libera possibile, senza nessun tipo di vincolo, né contrattuale, né artistico o discografico. La dimensione live continua ad essere per noi il momento più vero, più importante».
«Eden» è un album solare, ironico, colorato. Da dove arriva tutto questo buon umore?«Dalla nostra città. Torino, infatti, sta uscendo da un tunnel scuro, si sta rigenerando. Vive un’esplosione colorata e gioiosa nella musica, nell’arte, in tante direzioni. Il quartiere Vanchiglia, dove abbiamo la base operativa, è diventato uno dei luoghi simbolo della nuova creatività torinese».
E il duetto con i Righeira?«Siamo molto amici e frequentatori degli stessi luoghi notturni a Torino. Il pezzo che abbiamo realizzato insieme, “La Funzione”, è vagamente anni ’80 e piuttosto autoironico».
Avete sempre avuto un rapporto speciale con i vostri fan, ma oggi che sono aumentati in maniera esponenziale, riuscite ancora a mantenere uno stretto contatto con loro?«Abbiamo sempre cercato di ridurre il più possibile quella differenza che c’è tra chi sta su un palco e chi viene a vedere un concerto. Agli inizi era più facile intrattenersi con i fan, parlare della propria musica, raccontare se stessi. Ora diventa un pochino più complicato perché le persone che ci seguono si sono moltiplicate, riempiono i palazzetti. Il legame però non si è mai perso: da questo punto di vista ci aiuta il nostro sito e soprattutto capita che a fine concerto ci riversiamo nella città dove siamo, frequentiamo i locali, viviamo la notte, è facile così incontrare la gente, scambiare i pareri. E questa è anche una cosa che mantiene viva la nostra musica».
E l’underground? E’ sempre una fonte di ispirazione?«Sicuramente. La scintilla iniziale di tutti i movimenti musicali arriva sempre dal sottobosco. Generalmente chi si appassiona alla musica da classifica, non compie una grossa ricerca, si fa accompagnare da un sottofondo musicale. Chi vuole invece andare a conoscere, approfondire, per poi evolvere un proprio strumento, una propria via espressiva, trova nell’underground il luogo ideale per farlo».
Com’è nata l’idea dell’ultimo vostro videoclip «Istrice» diretto da Cosimo Alemà? «Cosimo Alemà è un regista davvero in gamba, che in questo momento sta vivendo una forte attrazione per il cinema horror. Abbiamo voluto dare via libera alla sua idea, alla sua creatività. Il cinema horror è un’espressione artistica italiana molto apprezzata a livello internazionale. Torino è stato spesso il teatro di produzioni di questo genere, pensiamo ad esempio a Dario Argento con “Profondo Rosso”. Nel video di Alemà il personaggio che diventa una specie di istrice, rappresenta il carattere dei torinesi e quindi rappresenta noi stessi. Un carattere un po’ schivo, spigoloso, propenso ad esprimere le proprie emozioni in maniera dosata e controllata, e quindi per certi versi può sembrare una sorta di istrice. La diffusione del video è stata limitata, perché gli horror possono passare in tv solo in una fascia notturna. E’ abbastanza assurdo, considerando le immagini cruente che vediamo ogni giorno in un qualsiasi telegiornale».
Ricky Russo, Il Piccolo 31 Marzo 2011
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